Erède

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erede


erède s. m. e f. [dal lat. heres -edis]. – 1. Colui (o colei) che, alla morte di una persona, diviene titolare di tutto il suo patrimonio (e. universale) o di una quota di questo, subentrando in tutti, o in una quota di tutti, i rapporti giuridici attivi e passivi che facevano capo al defunto, acquistandone perciò sia i diritti sia gli obblighi: istituire, lasciare, nominare, costituire, dichiarare qualcuno e., proprio e.; ha istituito il nipote (o la nipote) erede di tutte le sue sostanze. In usi specifici del linguaggio giur.: e. apparente, colui che possiede i beni ereditarî come erede, mentre non è tale dal punto di vista legale; e. beneficiato, quello il quale abbia accettato l’eredità col beneficio d’inventario; e. fiduciario, la persona che sia stata istituita erede e che abbia ricevuto l’incarico (non espresso nel testamento) di devolvere l’eredità a un’altra persona; e. legittimario o necessario, ciascuno di quei congiunti (discendenti, legittimi e naturali, ascendenti legittimi e il coniuge) ai quali, per legge, deve essere devoluta una determinata quota del patrimonio del defunto (riserva o quota indisponibile); e. legittimo (o e. ab intestato), il parente più vicino al defunto che, in mancanza di testamento, raccoglie l’eredità in base a una diretta chiamata di legge; e. testamentario, quello che sia stato chiamato alla successione in base a un’esplicita designazione contenuta nel testamento. 2. a. estens. E. al trono, in uno stato monarchico, il principe (o eventualmente la principessa) che per diritto di nascita o per designazione assumerà le prerogative sovrane alla morte del sovrano regnante. b. fig. Chi succede ad altri nel possesso e nella custodia di beni e valori non materiali: essere e. della gloria paterna, delle grandi tradizioni familiari, delle virtù degli avi; era l’ultimo erede di un grande nome. c. fam., scherz. Figlio, e in partic. il figlio maschio: e l’e. dove l’hai lasciato?; sono sposati da un anno e aspettano tra poche settimane l’erede.

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