Ingiùria

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ingiuria


ingiùria s. f. [dal lat. iniuria, der. dell’agg. iniurius «ingiusto», comp. di in-2 e ius iuris «diritto»]. – 1. Nel sign. originario, ogni azione contro il diritto, sinon. quindi di ingiustizia, intesa soprattutto come violazione delle norme giuridiche (e pertanto meno grave di iniquità che è violazione dell’equità): D’ogne malizia, ch’odio in cielo acquista, Ingiuria è ’l fine, ed ogne fin cotale O con forza o con frode altrui contrista (Dante), ha per fine la violazione del diritto, che può avvenire per violenza o frode ai danni altrui; per i. propose di rivolere quello che per parole riaver non potea (Boccaccio). 2. a. In diritto civile e penale, offesa recata mediante parole, atti, o mediante l’invio di scritti o disegni, all’onore o al decoro di una persona presente o con la quale si è in comunicazione postale, telefonica o telematica, perseguibile penalmente su querela dell’offeso: i. verbale, reale; i. grave. Nel diritto canonico e nella morale cattolica, in senso lato, violazione del diritto altrui alla fama, violazione considerata come delitto e peccato. b. Nell’uso com., senza preciso riferimento giuridico, offesa al nome, al decoro, all’onore altrui, con parole o atti oltraggiosi: fare i. al nome, all’onore di qualcuno; dire parole, fare un gesto d’ingiuria. In senso più concr., detto ingiurioso, frase fortemente offensiva: gli rivolse le i. più volgari; lo coprì d’ingiurie; si scambiarono atroci i.; dalle ingiurie passarono a vie di fatto. c. Per estens., atto o discorso o pensiero che implicitamente comporti un giudizio sfavorevole, tale da urtare la suscettibilità altrui: mi fanno i. supponendo che io abbia agito così per interesse, mi fanno torto, cioè, a pensarlo. 3. letter. Offesa, danno recato alle cose e alle persone da fatti naturali, dal corso del tempo, dalla sorte; per lo più al plur.: le i. delle stagioni; le i. del destino; mostrava nei lineamenti del volto le i. del tempo.

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