lo1 art. determ. m. sing. [lat. ĭllum, accus. di ĭlle «egli»]. – Forma dell’articolo determinativo sing. masch. che, nella sintassi italiana moderna, si adopera: a) di regola nella forma l’ (con elisione della vocale), davanti a vocale e a semiconsonante: l’errore, l’inchiostro, l’uomo (ant. lo errore, lo inchiostro o lo ’nchiostro, senza elisione della o); b) sempre nella forma intera lo, davanti alle consonanti gl(i), gn, sc(i), z, che tra vocali hanno sempre pronuncia rafforzata, e davanti a quei gruppi consonantici che si possono scindere tra due sillabe (qualsiasi gruppo diverso da f, v, p, b, t, d, c, g + l, r): lo gnomo, lo scialle, lo zero, lo scatto, lo sfregio, lo psicologo, lo xilografo (ma notevole è l’incertezza fra lo pneumatico e il pneumatico, con preferenza sempre più diffusa per la seconda soluzione). Il plurale di lo è gli (ant. li), che gli corrisponde nell’uso (salvo che in gli dèi di fronte al sing. il dio). Così la coppia lo - gli fa sillaba in ogni caso con l’inizio della parola seguente, mentre la coppia il - i, sempre stando alle regole, fa sillaba per sé stessa. Nell’uso antico l’art. lo poteva precedere anche una consonante semplice, a condizione, di solito, che fosse iniziale di frase o di verso, o che fosse preceduto a sua volta da una consonante: Lo bello stile che m’ha fatto onore (Dante); la giovane, per lo suo sogno assai spaventata (Boccaccio); ma anche in altre posizioni: Ma non in guisa che lo cor si stempre (Petrarca). L’uso di lo dopo per s’è conservato a lungo, in poesia e in prosa: Per lo libero ciel fan mille giri (Leopardi); oggi si mantiene nelle locuz. per lo più e per lo meno (ormai disus. per lo lungo, per lo meglio). Un uso eccezionale dell’art. lo si ha pure nel proverbio (di origine merid.) avuta la grazia gabbato lo