mai avv. [lat. magis «più»; v. ma’2 e ma1]. – 1. Nell’uso ant., con sign. vicino a quello etimologico, e di solito in unione o in corrispondenza con un non, equivale a «più»: Pensa che questo dì mai non raggiorna! (Dante); Sparve il palagio, e mai non fo veduto (Boiardo); v. anche ma’2. 2. a. Nell’uso moderno, in frasi negative, serve a rafforzare la negazione, quasi a indicare che essa non si riferisce a un solo momento, ma vale anche nel passato o nel futuro: Nulla speranza li conforta mai (Dante); non ho mai visto una cosa simile; non sarà mai (non sarà mai vero, non sarà mai detto) che ...; senza possisibilità di riunirsi mai più; anche ripetuto per maggiore forza: io non posso mai mai esser di nessuno (Manzoni). In frasi deprecative: non sia mai! b. Può avere valore negativo anche da solo, spec. quando è premesso al verbo: mai si vide una cosa simile (enfatico mai non si vide...; letter. non mai si vide ...); mai ch’egli dica la verità, non avviene mai che ...; o quando il verbo è sottinteso: tu l’avrai fatto qualche volta, io mai; posso ammettere tante cose, questo mai; che persona insopportabile! mai un sorriso, mai una parola gentile. In risposte negative, è più energico e più definitivo di un no (v. giammai): «Ti riconosci sconfitto?» «Mai»; «Accetterai la proposta?» «Mai»; può anche essere rafforzato: mai più; mai e poi mai. Con valore di s. m., scherz.,