maiùscolo agg. [dal lat. maiuscŭlus «alquanto più grande», dim. di maior «maggiore»]. – 1. a. In paleografia, detto di scrittura caratterizzata dall’altezza uniforme delle singole lettere, sì che, in uno schema formato da due linee parallele, non fuoriescano né il corpo né le aste; rappresenta la forma più antica delle scritture greca e latina e, per il suo carattere solenne, è usata ancor oggi come scrittura lapidaria. b. Nell’uso com. moderno, si dice della scrittura di singole lettere dell’alfabeto che per maggior altezza e per forma particolare si distinguono dalle comuni, cioè dalle minuscole, e si usano all’inizio di periodo, come iniziali di nomi proprî, e in altri casi determinati (v. oltre): scrivere, comporre in tutte lettere m.; fig., parlare, dire a lettere m., con estrema chiarezza. In tipografia si distingue un carattere m. tondo (accanto al minuscolo tondo e al maiuscoletto) e un m. corsivo (accanto al minuscolo corsivo). c. Frequente l’uso sostantivato: in paleografia come femm., intendendosi la scrittura (un codice in maiuscola insulare); nel linguaggio corrente come femm., ma sottintendendo lettera o iniziale (nome scritto con la m.); in tipografia come masch., sottintendendosi carattere (il titolo è stampato in m. corsivo). 2. Non com., e per lo più in frasi di tono scherz., molto grande, più grande del normale, riferito a cose diverse dalla scrittura: uno sproposito, un errore m.; per chi s’invecchia e langue Prepariam vetri [= bicchieri] maiuscoli (Redi). ◆ Dim. maiuscolétto (v.), maiuscolino; accr. maiuscolóne.
Ortografia. – Nell’uso moderno italiano la lettera maiuscola è adoperata di regola nei seguenti casi: 1) al principio d’ogni capoverso (salvo che il periodo precedente finisca con virgola, o punto e virgola, o due punti); al principio d’ogni periodo, e cioè dopo un punto fermo (o anche dopo un interrogativo o un esclamativo che abbiano anche le funzioni del punto fermo); dopo i due punti, quando si riferisce in forma diretta il discorso altrui (generalmente racchiuso tra virgolette); in poesia, talvolta, al principio d’ogni verso, secondo un uso oggi non più seguito come in passato; 2) come iniziale di nomi proprî di persona, cognomi, soprannomi (il letterato