Mediocrità

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mediocrita


mediocrità s. f. [dal lat. mediocrĭtas -atis]. – 1. ant. Condizione media; stato di ciò che è o si tiene ugualmente distante dai due limiti estremi: la virtù è nella m. (T. Tasso). Questo sign. è anche nell’espressione aurea m., la quale però non è di solito intesa nel senso positivo originario (cioè quello dell’espressione latina aurea mediocritas [v.], con la quale Orazio fa consistere la felicità nel tenersi saggiamente lontano da ogni estremo), ma è più spesso riferita, con allusione al sign. seguente, a chi si ritiene presuntuosamente pago della propria mediocrità morale e spirituale. 2. a. L’esser mediocre; qualità di persona o di cosa che rivela capacità, attitudini, doti d’ingegno, e sim., molto scarse: m. di un artista, di uno scrittore, di un professionista, di un uomo politico; opera, lavoro teatrale, romanzo, articolo, componimento di una scoraggiante m.; emergere dalla m.; non superare la m.; vivere nella più supina m.; stomacato e scoraggiato dalla m. che n’assedia e n’affoga (Leopardi); una dose discreta di m. è dote preziosa, come la volgarità in un seduttore (Giuseppe Pontiggia). b. In senso concr., persona d’ingegno e di capacità mediocri, soprattutto con riferimento a chi si dedichi ad attività che per sé stesse richiederebbero doti non comuni d’ingegno e d’intelligenza: essere una mediocrità.