Mèglio

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meglio


mèglio avv. e agg. [lat. mĕlius, neutro di melior -oris (v. migliore)]. – 1. avv. a. Funge da comparativo dell’avv. bene, e significa perciò più bene, in modo migliore: oggi mi sento m.; riesce m. nelle materie letterarie che in quelle scientifiche; vedo meglio con l’occhio destro che col sinistro; con queste scarpe cammino m.; non potresti scrivere un po’ meglio?; si avvicinò per osservare m. l’oggetto; infórmati m. un’altra volta!; procura di far m. che puoi; cambiare in m.; prov., il m. è nemico del bene (dove meglio acquista valore di sost.). Si usa anche davanti a participî passati (soprattutto a quelli che sono di solito specificati dall’avv. bene o male, formando con essi quasi un’unica locuzione), per esprimere un concetto comparativo: è m. vestito di te; oggi ti trovo m. preparato; questa volta m’è sembrato m. disposto verso di me; e preceduto dall’art. per esprimere il concetto del superl. relativo: le opere m. riuscite (ma talora equivale a «più»: i m. dotati). Con valore di superl. relativo, anche nella locuz. il m. possibile, nel miglior modo possibile: vedrò di ripararlo il m. possibile. b. Locuz. particolari: star m., con varî sign.: con riguardo alla salute, di malato che va migliorando (sono stato indisposto, ma ora sto già m.); riguardo al sentirsi comodo (starai m. in poltrona); alle condizioni economiche (è gente che sta m. di noi), o, più genericam., alle condizioni di vita, anche sociale e politica (c’è chi sta m. e chi sta peggio; si stava m. quando si stava peggio, frase proverbiale); al modo con cui abiti, acconciature, ornamenti e sim. si adattano alla persona (questa giacca sta m. a te che a me), o alla collocazione più adatta di oggetti, mobili, ecc. (il tavolino starebbe m. in quell’angolo). Andar m., procedere (o, di persona, riuscire) in modo più soddisfacente: da un po’ di tempo le cose vanno m.; quest’anno a scuola vado m.; non potrebbe andar m. di così, spesso iron. (e quasi sempre iron. la frase pop. m. di così si muore, per esprimere amara insoddisfazione); andare di bene in m., far miglioramenti notevoli e rapidi: tutto va di bene in m. (iron.: i prezzi sono di nuovo aumentati? andiamo di bene in m.!). Per m. dire, posto come inciso per correggere un’affermazione, un giudizio: io non ne sapevo nulla, o, per m. dire, nessuno me n’aveva parlato; con funzione analoga, anche assol. meglio, in senso affine a «piuttosto»: ci andrò io o, m., non ci andrà nessuno. Con valore olofrastico, tanto m.!, m. per lui!, tanto m. per te!, e sim., per esprimere soddisfazione, compiacimento (talora anche un certo gusto del male altrui, soprattutto se da questo può nascere un bene o venire un ammaestramento utile: sei caduto? tanto m.!, così imparerai a non montare sulle seggiole); con più efficacia il semplice meglio!, in tono esclamativo, anche come commento iron. quando le cose si mettono male, o si sentono notizie, spropositi, ecc., uno peggiore dell’altro. c. In alcune frasi assume sign. diverso da quello proprio; con verbi di volontà, per es., s’avvicina al senso di «più, piuttosto» (sul modello dell’uso francese): voler m., amar m., desiderar m., preferire; amando m. il figliuol vivo con moglie non convenevole a lui che morto senza alcuna (Boccaccio); valer m., essere preferibile o più utile. Più frequente, e più corretto, con il senso di «più facilmente»: tu mi puoi m. ammazzare, che non io contentarti di quello che tu domandi (Leopardi); per arrivarci m., montò su uno sgabello. Raro voler m. come comparativo della locuz. voler bene (invece del comune voler più bene): ognuno vuol m. a sé che agli altri, prov. tosc. 2. agg., invar. Equivale a migliore (o al plur. migliori), con cui tuttavia non sempre si può sostituire, anche perché ha senso più generico. a. In funzione di predicato, con i verbi essere, parere, sembrare: questo vino è m. dell’altro; qualcosa è m. che nulla; questo mi sembra cento volte m.; mi parevano m. le sue. Più comune con valore neutro («cosa migliore» o anche «preferibile, più opportuna»), nelle espressioni esser m., creder m., ritener m., e sim., riferite, con funzione di predicato, a un verbo all’infinito o a proposizione soggettiva o oggettiva: è m. non dirgli nulla; sarà m. che tu resti qui; ho creduto m. far di testa mia; ritengo m. tacere; spesso il verbo essere è sottinteso: m. non far nulla che far male. Comunissimo in proverbî: è m. un uovo oggi che una gallina domani; è m. un asino vivo che un dottore morto; è m. consumar le scarpe che le lenzuola; è m. esser invidiati che compatiti; e con essere sottinteso: m. tardi che mai; m. soli che male accompagnati. È m. vivere un giorno da leone che cento anni da pecora, frase scritta da un anonimo italiano su una casa di un villaggio del Trevigiano durante la battaglia del Piave (giugno 1918), ma già precedentemente nota, divenuta poi simbolo del fervore patriottico dei soldati italiani durante la prima guerra mondiale; si ripete talvolta come condanna della viltà e come stimolo a un comportamento coraggioso. b. Sempre con valore neutro, preceduto dalla prep. di (con valore partitivo o con altra funzione): bisognerebbe cercare qualcosa di m.; quando si è stanchi, non c’è nulla di m. che un buon letto; trova tu di m., se sei capace; in mancanza di m., ecc. c. Come attributo, solo preceduto dall’art., e quindi come superl. relativo (equivalente in tutto a il migliore, la migliore, ecc.); con questa funzione è vivo nell’uso pop. di tutte le regioni: il m. sarto della città; s’è preso per sé la m. roba; i m. vestiti del suo guardaroba; méttiti le m. scarpe che hai; meno frequente con l’aggettivo posposto: datemi la carta m. che avete; nel salotto m., ecc. Anche nell’uso non strettamente pop. o region., quando il nome sia taciuto: questi sono i m. che abbiamo; ne ho assaggiato delle m.; aveva delle pietre al sole, e marciava da pari a pari coi m. del paese (Verga). d. Assai comune il m., sostantivato con valore neutro («la cosa o la parte migliore»): mi scordavo il m.; questo è il m. che tu possa fare; estrarre il m.; a ognuno piace il m.; non sa mangiare il pollo, e butta via il m.; E veggio ’l meglio, et al peggior m’appiglio (Petrarca), verso che traduce (come l’altro del Foscolo: Conosco il m. ed al peggior mi appiglio) la nota frase di Ovidio (Met. VII, 20-21) video meliora proboque, Deteriora sequor. e. Locuz. particolari: nel m. di qualche cosa, nel momento o nel punto migliore: nel m. della proiezione, s’è rotta la pellicola; nel m. del sonno, sono stato svegliato da una scampanellata. Al meglio (anche prezzo al meglio), clausola inserita in un ordine di acquisto o di vendita (di merci, titoli o altri valori) dato al commissionario, al mediatore in merci e all’agente di cambio, in virtù della quale il committente intende che l’acquisto o la vendita sia effettuato alle migliori condizioni consentite dal mercato al momento dell’esecuzione. Fare il m., il proprio m. (e più spesso, con un francesismo, fare del proprio m.), fare tutto ciò che è possibile, mettere tutto il proprio impegno per un dato scopo: cercherò di fare il mio m. per accontentarti; ho fatto il mio m. e se non sono riuscito non è colpa mia; m’ha promesso di fare del suo m. per non deluderci. Con altro senso: ognuno cerca di fare il suo m., vedrò di fare il mio m., e sim., ciò che torna più vantaggioso a lui, a me. Per il m., per il verso migliore, nel modo più vantaggioso: pare che le cose vadano per il m., si mettano per il m.; ma con un agg. possessivo, per il tuo m., per il suo m., ecc. (ant. per lo tuo m., per lo suo m.), a tuo, a suo vantaggio, per il tuo o per il suo bene (in queste espressioni, meglio assume valore di comparativo del sost. bene usato in locuz. analoghe): ditegli per il suo m. che stia tranquillo; per il vostro m., badate a ciò che fate; io parlo per il tuo meglio. f. Valore neutro ha spesso anche il femm. la meglio, che in genere sottintende un nome: la m. sarà non parlarne più (la miglior cosa, la soluzione più saggia; e così: andate a casa, è la m., credete a me, e sim.). Avere la m. (sottint. sorte o sim.), riuscire superiore, vittorioso (il contr. di avere la peggio): questa volta la m. l’hai avuta tu; non posso competere con lui, perché è più forte e avrebbe facilmente la m. su di me; anticam. si usò, con questo stesso sign., avere il m.: La battaglia durò fin alla sera, Né chi avesse anco il m. era palese (Ariosto). Locuz. avv. alla m. (sottint. maniera o sim.), alla bell’e m., nel miglior modo possibile, tenuto conto delle sfavorevoli condizioni generali: dovremo adattarci alla m.; mancando ogni cosa, si dovette provvedere alla m.; sono tempi magri, e si tira avanti alla meglio.