Mìnimo

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minimo


mìnimo agg. e s. m. (f. -a) [dal lat. minĭmus, superl. di minor «minore»; v. meno]. – Piccolissimo, il più piccolo. Funge da superlativo di piccolo (come il lat. minĭmus rispetto a parvus) e si contrappone direttamente a massimo. 1. agg. a. Si usa soprattutto con nomi astratti e in parecchie locuz. del linguaggio scient. e tecn. (nelle quali non potrebbe essere sostituito da piccolissimo): una quantità m.; una m. differenza; m. frazioni di tempo; strumenti per misurare grandezze m.; qualsiasi disattenzione, anche m., può provocare un disastro. E con valore di superl. relativo: prezzo m.; con m. spesa, con m. sforzo, senza la m. difficoltà; stabilire le tariffe m., il m. compenso; programma m., il più limitato; temperature m. e massime, le più basse o più alte in un determinato periodo di tempo (giorno, stagione, anno), anche sostantivato: le m. e massime della giornata; nel linguaggio anatomico, dito m., il mignolo. Di sentimenti e sim.: non avere il m. sospetto, il m. dubbio; senza la m. esitazione; non ne ho la m. idea. Un m. che, la più piccola cosa, la più piccola parte, e sim.: senza pretendere, senza spostare, senza cambiare un m. che; non intendo togliere un m. che al suo effettivo merito. Nel linguaggio econ.: salario m., il salario ritenuto appena sufficiente a mantenere in vita il lavoratore e la sua famiglia; m. unità colturale, quella che non può ulteriormente dividersi e fissa perciò un limite alla frammentazione della proprietà terriera (in diritto, gli atti compiuti in violazione del rispetto di questo limite possono essere annullati su istanza del pubblico ministero); principio del m. mezzo (v. mezzo2, n. 2). In matematica, metodo dei m. quadrati, metodo per trovare il valore più probabile di una grandezza a partire da una serie di sue misure sperimentali, affette da errori accidentali (ma non da errore sistematico), consistente nell’applicazione della teoria di Legendre-Gauss per la quale tale valore più probabile è quello che renda minima la somma dei quadrati degli errori; m. comune multiplo (m.c.m. o mcm), il minore tra i multipli comuni a due o più numeri (si trova scomponendo tutti i numeri in fattori primi, e facendo quindi il prodotto di tutti i fattori primi, comuni e non comuni, presi ciascuno con il massimo esponente); ridurre una frazione ai minimi termini, trasformarla in altra equivalente, nella quale numeratore e denominatore siano numeri primi tra loro, dividendo sia il numeratore sia il denominatore per il loro massimo comun divisore. Per estens., nel linguaggio com., ridurre, esser ridotto ai m. termini, alla misura più piccola, alle più piccole dimensioni o proporzioni: cercherò di semplificare la questione riducendola ai m. termini; le scorte sono ridotte ormai ai m. termini; spesso scherz.: hai ridotto la matita ai m. termini; e di persona, essere ridotto ai m. termini, con pochissimo denaro, o diventato magrissimo. b. Raramente riferito a persona (col valore di «l’ultimo, l’infimo»): lo saprebbe fare anche il m. degli operai. È però usato talvolta nel linguaggio della Chiesa in frasi che traducono o riecheggiano passi evangelici: ciò che farete a uno di questi m. (cioè di questi umili), lo farete per me. 2. Sostantivato con valore neutro, la cosa, la parte, la quantità più piccola possibile: è il m. che tu possa fare per lui, che gli si possa chiedere, ecc.; tenere il m. della velocità; non ha un m. di decoro. Locuz. avv. al minimo, come minimo, come quantità o esigenza minima, perlomeno, a dir poco: avrà al minimo quarant’anni; per comprarlo ci vorranno come minimo cento euro. Con sign. particolari: a. In economia, minimo di esistenza, reddito minimo necessario per vivere in determinate circostanze di tempo e di luogo; m. imponibile, limite sotto il quale il reddito è esentato dal pagamento delle imposte dirette in quanto ritenuto tanto basso da non potersi considerare indice di capacità contributiva; problemi di m., problemi relativi al raggiungimento di un fine con il minimo impiego di mezzi. Con più accezioni, m. garantito, locuz. che può essere riferita sia al salario minimo (v. sopra), sia al reddito minimo, ossia al m. di esistenza, sia ad altre esigenze anche non di natura economica; nel linguaggio del cinema, è la somma di denaro che, prima della realizzazione di un film, il distributore versa al produttore come anticipazione sui redditi spettantigli. b. In ecologia, legge del m., principio secondo il quale, in condizioni di equilibrio, la distribuzione e l’abbondanza di una specie in un ambiente è limitata dal nutriente essenziale presente in minore quantità. c. Nel linguaggio giur., m. etico (propriam. il diritto come m. etico), teoria la quale afferma che il diritto coincide con quella (minima) parte dell’etica che ha per oggetto le relazioni sociali. 3. s. m. Nei motori a combustione interna, il limite al di sotto del quale il motore non regge il carico a vuoto (cioè, praticamente, si spegne); in tali condizioni la potenza sviluppata dal motore è minima, ed è quindi minimo il consumo: regolare il m.; il motore tiene, non tiene il m.; marciare al m.; un m. troppo alto. 4. Come s. m. e f., quasi esclusivam. al plur., denominazione di appartenenti a ordini e istituti religiosi: minimi, o frati minimi (sul modello di frati minori), ordine religioso fondato nel 1435 da san Francesco di Paola e tuttora esistente in Spagna; Minime dell’Addolorata, Minime del Sacro Cuore, Minime del Sacro Cuore di Maria, istituti religiosi con scopi caritatevoli ed educativi. ◆ È usato talora, per enfasi, il superl. minimissimo (per un m. errore, per una m. differenza, ecc.); in esempî della lingua ant. e nell’uso pop., anche il più minimo. ◆ Avv. minimaménte, in piccolissima parte; usato soprattutto come rafforzativo, un po’ enfatico, di una negazione, con senso affine a affatto, punto e sim.: non ne sono minimamente persuaso; senza minimamente scomporsi.