Passapòrto

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passaporto


passapòrto s. m. [comp. del tema di passare e porto nell’ant. sign. di «luogo di passaggio»]. – Documento (in Italia rilasciato dal ministero degli Esteri e per sua delega dalla questura) che dà la facoltà al cittadino di uno stato di allontanarsi dal territorio nazionale per entrare in quello di un altro stato o di più altri stati, consistente in un libretto con la fotografia e i dati anagrafici e di riconoscimento del titolare: chiedere il p. per i paesi extraeuropei consentiti; rilascio del p.; p. valido, scaduto; rinnovare il p.; fare apporre il visto sul p.; presentare il p., controllo dei p., ai posti della polizia di frontiera; procedere al ritiro del p., per particolari motivi che impongono questo provvedimento; viaggiare con p. falso. In partic.: p. ordinario, quello rilasciato al singolo cittadino; p. collettivo, rilasciato a gruppi di persone per motivi culturali, religiosi, sportivi, turistici o altri previsti da accordi internazionali; p. di servizio, del quale possono essere titolari coloro che si recano all’estero per svolgere una funzione ufficiale; p. diplomatico, riservato agli agenti diplomatici, ai consoli di carriera, ai più alti dignitarî dello stato; richiesta dei p., consegna dei p., atti di estinzione di una missione diplomatica e di rottura delle relazioni diplomatiche fra due stati; p. rosso, quello di cui erano muniti gli emigranti italiani nei primi decennî del sec. 20°, così detto dal colore della copertina; p. Nansen, documento di identità valido anche per il passaggio delle frontiere, rilasciato agli apolidi dallo stato di residenza, istituito originariamente (1922) dal norvegese F. Nansen, alto commissario della Società delle Nazioni, per i profughi russi e successivamente esteso a profughi di altre nazionalità. In senso fig., con riferimento a tutto ciò che permette di far passare persona o cosa, che consente di accedere a una determinata posizione o condizione: il denaro è un p. universale; scherz., i medici gli hanno dato il p. per l’altro mondo, di malato ridotto ormai in fin di vita. Non com., dare il p. a qualche cosa, ammetterla per buona, acconsentire alla sua introduzione nell’uso e sim.