Putativo

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putativo


agg. [dal lat. tardo putativus «presunto, apparente», der. di putare «credere»]. – 1. Che non è veramente ciò che il sost. cui è unito indica, ma è tenuto per tale, è considerato come tale; è di uso com. solo nella locuz. padre p., riferita tradizionalmente a san Giuseppe, definito appunto padre p. di Gesù; su questa, sono state modellate altre simili, di connotazione per lo più iron. o scherz., come marito p., figlio p., figlia p., e sim., allusive a situazioni che sono tali legalmente o nella comune opinione ma non nella effettiva realtà: la duchessa ... è la figlia p. di mastro don Gesualdo (De Roberto). Meno com. con senso più generico: suo marito era un ingegnere p. (De Amicis), che si lasciava credere o si faceva chiamare ingegnere; o con il sign. di supposto, presunto: i suoi visitatori, molto curiosi di vedere l’annunciato autore p. della crisi municipale (Fogazzaro). 2. Nel linguaggio giur.: a. Matrimonio p., istituto volto a favorire i coniugi che abbiano contratto in buona fede un matrimonio nullo: per essi (detti coniugi p.) gli effetti del matrimonio valido perdurano fino alla sentenza che dichiara la nullità del matrimonio, e i figli nati o concepiti in tale periodo non perdono lo statuto di figli legittimi. b. Reato p., reato ritenuto erroneamente tale dal suo autore, convinto di commettere azione considerata criminosa dalla legge.