Rappresàglia

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rappresaglia


rappresàglia (ant. ripresàglia) s. f. [dal lat. mediev. represalia, der. di prehendĕre «prendere»; propr., diritto di riprendere con la forza quanto bastasse a risarcire del danno patito]. – 1. Nel medioevo, diritto, che poteva essere accordato dalla città a un suo cittadino, di rivalersi sui beni dello straniero inadempiente. 2. a. Nel diritto internazionale odierno, misura di autotutela, con la quale uno stato, quando si ritenga indebitamente leso nei proprî interessi da un altro stato (o quando oggetto della lesione sia uno stato da esso protetto o ad esso alleato) reagisce contro lo stato ritenuto responsabile, ponendo in essere a breve distanza di tempo un atto che rechi un danno proporzionato a quello subìto (la rappresaglia violenta va ritenuta però giuridicamente illecita, dato che la Carta dell’ONU vieta esplicitamente l’impiego della forza per risolvere le controversie internazionali): compiere una r.; r. bellica, compiuta in tempo di guerra; r. doganale, provvedimento di carattere doganale mirante a reagire contro denunce di trattati di commercio da parte dell’altro contraente, o contro nuovi o maggiori dazî doganali o divieti. b. Azione o misura punitiva violenta e disumana, indiscriminata, adottata dalla potenza occupante nei confronti della popolazione del territorio occupato, quando questa abbia causato qualche danno a proprî cittadini (militari o civili) dimoranti in quello stesso territorio: le feroci r. delle truppe di occupazione contro la popolazione civile; per r. contro un attentato partigiano gli invasori hanno fucilato dieci ostaggi. Anche, l’azione analoga effettuata da formazioni di guerriglieri, ribelli, rivoluzionarî armati o fuorilegge, contro gli occupanti e invasori, o i rappresentanti del proprio stato, in quanto non si riconoscano e si combattano, o di altre organizzazioni e fazioni: la mafia, per r. contro le severe condanne di alcuni mafiosi, ha fatto assassinare due giudici del processo. Più genericam., rivalsa, vendetta personale: da quando l’ho licenziato, per r. non fa che spargere calunnie sul mio conto.

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