rappreṡentanza s. f. [der. di rappresentare]. – 1. Il fatto di rappresentare una o più altre persone, oppure gruppi, enti e organi, istituzioni e società, ossia di intervenire in vece loro e a nome loro e di assolverne le funzioni, o di agire per conto loro: a. In senso generico, come intervento e assolvimento di determinati compiti in sostituzione di altri, o che comunque impegnino anche il gruppo o l’istituzione, è usato soprattutto nella locuz. in rappresentanza di ... (in r. del ministro è intervenuto alla cerimonia il sottosegretario; un drappello di ex-combattenti era presente in r. di tutta l’associazione), e nelle espressioni avere funzioni o responsabilità di r., spese e indennità di r., per funzioni rappresentative di carattere pubblico, politico e sociale, connesse con la propria carica, e, in partic., sale, ambienti, uffici di rappresentanza, quelli destinati, in edifici pubblici e privati, a ricevimenti e riunioni ufficiali, a cerimonie e feste di un certo tono: una sontuosa sala, vivamente illuminata ... una di quelle sale di r. e di soggiorno che non di rado vien fatto di vedere nelle vecchie case nobili in provincia (Landolfi). b. In diritto privato, istituto che consente, nel negozio giuridico, la dichiarazione di volontà a un soggetto diverso da quello che è titolare del rapporto; si distingue una r. diretta o propria, per la quale il negozio o l’atto giuridico è compiuto da una persona (rappresentante) per conto di un’altra (rappresentato) e in nome di questa, e una r. indiretta o r. d’interessi, per la quale la persona agisce in nome proprio ma nell’interesse di un’altra. La rappresentanza si costituisce di norma mediante un atto di procura con la quale il rappresentato conferisce al rappresentante il potere di agire in suo nome (r. volontaria), ma può anche essere stabilita dalla legge (r. legale), quando il soggetto titolare di diritti non ha capacità di agire (caso