Serenata

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serenata


s. f. [der. di serenare; nelle accezioni del n. 2, incrociato con sera]. – 1. Musica, cui s’accompagna spesso anche il canto, che si esegue di sera o di notte sotto le finestre di una donna per manifestarle i proprî sentimenti: fare la s. alla propria bella, all’innamorata. Per estens., non com., sonata e canto rumorosi e sguaiati fatti sotto la finestra di una persona per beffa e dileggio: stanotte hanno fatto la s. a quel vecchio che s’è risposato; scherz.: che divertimento con tutti questi gatti che fanno la s. sotto le finestre! 2. In musica: a. Breve composizione vocale e strumentale, destinata all’esecuzione serale o notturna all’aria aperta, intesa per lo più come omaggio alla persona amata; la s. vocale, di stile semplice e sentimentale, veniva accompagnata da strumenti a corde pizzicate (chitarra, mandolino, tiorba) e fu anche inclusa in opere: la s. del Don Giovanni di Mozart, del Barbiere di Siviglia di Rossini. b. Composizione strumentale introdotta nel sec. 18° come forma autonoma analoga al notturno, al divertimento e alla cassazione, eseguita per lo più da strumenti a fiato, che comprendeva brevi movimenti di danza (marce e minuetti) alternati a diversi altri movimenti: celeberrima la serenata di Mozart Eine kleine Nachtmusik K 525. Nel corso del 19° e 20° sec. si sviluppò come forma da concerto, accogliendo anche gli strumenti ad arco: le serenate op. 11 e op. 16 di Brahms; la s. per archi di Čajkovskij. c. Componimento musicale, a volte anche scenico, simile all’opera, di argomento leggero, mitologico e pastorale, di limitate proporzioni e con pochi personaggi, diffuso nelle corti italiane e a Vienna, con intento celebrativo, tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento. Si ricordano le serenate di Hasse, Stradella, Scarlatti, B. Marcello e Acis und Galatea di Haendel.

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