tàvola s. f. [lat. tabŭla]. – 1. Asse di legno di spessore sensibilmente minore della lunghezza e della larghezza: segare, piallare una t.; accatastare le t.; chiudere un’apertura con tre t. inchiodate; t. di salvezza, quella a cui si aggrappa il naufrago, e fig., l’ultimo e unico mezzo per sfuggire alla rovina, per sottrarsi a una situazione incresciosa. Con sign. più preciso, nel linguaggio tecn. e di cantiere, tipo di legname da costruzione di spessore da 2 a 5 cm, larghezza da 20 a 40 cm, lunghezza da 2,50 a 5 m. Il plur. è spesso usato per indicare un tavolato, cioè un insieme di tavole tra loro connesse in piano: calcare le t. del palcoscenico, anche in senso fig., fare l’attore o l’attrice teatrale. 2. a. Mobile costituito da un piano orizzontale di forma e materiali varî (t. di legno, di metallo, di materiali plastici, di marmo o di pietra; t. rettangolare, quadrata, tonda, ovale; t. allungabile, ribaltabile o a ribalta, ripiegabile), sorretto, all’altezza di circa 70-80 cm, da uno o più elementi verticali (piedi o gambe) o con altri mezzi di sostegno (t. fissa da parete, t. estraibile), usato per mangiare, per eseguire determinati lavori e svolgere determinate attività, standovi seduti ai lati e tenendovi sopra quanto occorre per i varî usi: t. da pranzo o per mangiare; la t. di cucina, e una t. da cucina; t. da lavoro; t. da disegno; t. operatoria, anatomica; t. da gioco, per giochi di carte o anche per gli scacchi, la dama, il domino, i dadi, ecc. (di qui mettere le carte in tavola, scoprire le proprie carte e, in senso fig., dichiarare apertamente le proprie intenzioni); t. reale, gioco, chiamato anche tric-trac, che si svolge fra due giocatori su un tavoliere diviso da una barra in due parti uguali costituite ciascuna da due campi opposti con sei spazî triangolari ciascuno (detti «frecce»): ogni giocatore ha a disposizione 15 pedine (bianche per uno, nere per l’altro) che, all’inizio del gioco, sono poste sul tavoliere secondo un ordine prestabilito e che, a ogni turno, devono essere mosse di tante frecce quant’è il numero ottenuto col lancio di due dadi (i punti, 1 o 2, a seconda dei casi, si ottengono occupando determinate frecce). In questa accezione, fuorché per il mobile per mangiare e nelle due espressioni qui sopra riportate per il mobile da gioco, è ormai più com. e quasi esclusiva (soprattutto fuori di Toscana) la forma masch. tavolo (v.). b. Con uso assol., senz’altra determinazione, indica la tavola attorno alla quale ci si siede per consumare i pasti (in questo sign. e negli usi qui di seguito riportati, non si userebbe tavolo): apparecchiare, sparecchiare la t.; portare, servire (le vivande e le bevande) in t., e il pranzo è in t., è servito; tenere t. imbandita (e anticam. t. aperta), esser sempre pronti ad avere a pranzo ospiti; nell’uso ant., mettere, tenere t., dare conviti, grandi pranzi e cene, e levare le t., togliere le mense, portare via quanto serviva per imbandire pranzi e cene. In molte espressioni indica estens., oltre la tavola per mangiare, l’apparecchiatura e il fatto stesso di pranzare o cenare: andare, mettersi o sedersi, essere o stare a t. (dicono che essere in tredici a t. porti sfortuna); tutte le rivoluzioni cominciano per strada e finiscono a t. (