uòmo (ant. o pop. òmo) s. m. [lat. hŏmo hŏmĭnis] (pl. uòmini [lat. hŏmĭnes]). – 1. a. Essere cosciente e responsabile dei proprî atti, capace di distaccarsi dal mondo organico oggettivandolo e servendosene per i proprî fini, e come tale soggetto di atti non immediatamente riducibili alle leggi che regolano il restante mondo fisico: il problema dell’uomo è centrale nella massima parte delle religioni storiche e dei varî sistemi filosofici. Dal punto di vista biologico uomo è il termine con cui sono indicate tutte le specie di mammiferi primati ominidi appartenenti al genere Homo e, in partic., l’unica specie vivente Homo sapiens, caratterizzata da stazione eretta, pelosità ridotta, mani con pollice opponibile che consente la presa di precisione, grande sviluppo del cervello e del neurocranio, che sovrasta la regione facciale; si differenzia inoltre da tutte le altre specie animali per la complessità del linguaggio simbolico articolato, per l’alta capacità di astrazione e di trasmissione di informazioni per altra via che non sia l’ereditarietà biologica (trasmissione culturale). Seguito da particolari denominazioni indica, in antropologia, forme o specie diverse: così, con u. di Neanderthal vengono indicate le popolazioni ascritte alla sottospecie Homo sapiens neanderthalensis, vissute nel periodo würmiano (v. neandertaliano); con u. di Pechino e u. di Giava sono indicate popolazioni oggi ascritte alla specie Homo erectus e conosciute anche, rispettivamente, come sinantropo (v.) e pitecantropo (v.). b. Fraseologia più com.: l’origine dell’u.; il primo u., il primo essere umano creato (Adamo, secondo la narrazione biblica); la nascita, la vita, l’esistenza dell’u.; il destino dell’u.; la struttura dell’u., e lo scheletro, la muscolatura, il