Uòpo

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uopo


uòpo s. m. [lat. ŏpus, neutro indecl.], ant. o letter. e raro. – Bisogno, necessità: Ma, tu mi resti, o brando: all’ultim’uopo, Fido ministro, or vieni (Alfieri); ora ti vaglia Questa carta, o signor, serbata all’uopo (Parini), per un momento o per un fine determinato; spec. usata la locuz. è uopo o è d’uopo, è necessario: Né solo a me la tua risposta è uopo (Dante); un antro muscoso ..., ove a fermar le stanche navi Né d’àncora v’è d’uopo, né di sarte (Caro). Sono ancora usate talvolta, ma per lo più in frasi scherz. o sentite come pedantesche, le locuz. all’uopo, al momento opportuno, al bisogno (all’uopo, è bene non avere troppi scrupoli), e essere, fare uopo o d’uopo, bisognare, abbisognare (è uopo avere pazienza; farebbe veramente d’uopo avere un po’ di soldi in più). Rarissimo e letter. il plur.: esso a mill’uopi Opportuno si vanta (Parini), a mille occorrenze.