Vèspro

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vespro


vèspro s. m. [lat. vĕsper -ĕri, affine al gr. ἕσπερος; v. anche vespero1]. – 1. a. ant. o letter. L’ora tarda del giorno verso il tramonto, cioè il crepuscolo serale: presa una sua fanticella, ... in sul v. la mandò all’albergo dove Andreuccio tornava (Boccaccio). b. Nella liturgia cattolica, la seconda delle ore «cardine» o principali (la prima è costituita dalle lodi) dell’ufficio quotidiano: è la preghiera serale della comunità cristiana. Nell’elenco delle ore canoniche la penultima, tra l’ora media (terza, sesta e nona) e compieta (che si dice prima di prendere riposo, anche se è trascorsa la mezzanotte): dire, recitare, celebrare il v.; suonare a vespro, suonare la campana che chiama i canonici alla celebrazione del vespro. Spesso usato al plur., spec. per indicare l’ufficio cantato in forma solenne: il canto dei v.; i v. domenicali; i primi, i secondi vespri. Scherz., non com., cantare il v. a qualcuno (o, rafforzando, cantargli il v. e la compieta), parlargli chiaro e tondo, fargli una solenne riprensione: Io gli ho a cantar poi il vespro, s’io mi cruccio (Pulci). 2. Come denominazione di partic. avvenimenti storici: Vespri siciliani (meno com. Vespro siciliano), l’insurrezione della Sicilia contro il dominio angioino, che ebbe inizio il 31 marzo 1282, lunedì di Pasqua, all’ora dei Vespri, sul piazzale della chiesa di S. Spirito a Palermo, e che, diffusasi in tutta l’isola e sostenuta dall’intervento di Pietro III d’Aragona, si concluse dopo una lunga e aspra guerra (guerra del Vespro) nel 1302, con la pace di Caltabellotta; Vespri còrsi, la sanguinosa rivolta armata dei Còrsi contro le truppe francesi, scoppiata la sera del 13 dicembre 1768 a Burgo.